lunedì 16 marzo 2009

Pino Masciari - Un uomo, il suo coraggio, la nostra speranza

Giuseppe Masciari è un imprenditore edile calabrese. È sottoposto ad un programma speciale di protezione testimoni dal 18 ottobre 1997, insieme a sua moglie Marisa e i loro due bambini, Ottavia e Francesco.
Pino ha denunciato la ‘Ndrangheta.
Ha fatto i nomi. Nomi di mafiosi e politici collusi. Ha infranto sogni criminali, sottratto certezze alla malavita organizzata.
Oggi Pino Masciari è un eroe.
E negli ultimi giorni ho avuto l'onore di vivergli accanto.

La prima impressione che genera è quella di un uomo in grado di gestire sapientemente le situazioni più complicate, come fossero puerili incombenze, ordinaria amministrazione, insomma.
Le sue movenze, mai rigide, sembrano scorrere come acqua. Fluide, controllate, misurate. Mai un gesto scomposto. Persino il volto non reca presunzione, o sguardi prevaricatori. L’intensità delle sue espressioni, condite da occhi penetranti e un luminoso sorriso, non è mai invasiva, ed anzi rassicurante, tale da farti sentire in pace con te stesso, libero e spensierato, felice di avere finalmente davanti una persona alla quale potresti mettere in mano la tua vita senza pensarci un istante. Un padre, un fratello, l’amico più caro. E non appena apre bocca, il fiume in piena delle sue parole e delle emozioni che da esse scaturiscono travolge chiunque capiti a tiro.

Nei due giorni di permanenza a Brescia, Giuseppe Masciari (“Pino”, per i suoi Amici) mi ha fatto letteralmente innamorare dell’eroe che porta in grembo, e che non smette mai di mostrarsi, con pacatezza, riserbo ed anche vigore, in ogni posa assunta, parola pronunciata, od espressione dipinta sul viso. Una sicurezza per l’interlocutore di turno, la parola fine scritta a caratteri cubitali a margine dei dubbi più oppressivi, ove il dilemma più intenso, quello del “tutto è perduto?” si risolve nella più naturale delle soluzioni: la responsabilità verso sé stessi e verso chi ci sta a cuore, ovvero tutti, senza distinzioni, riserve o reticenze.

Masciari è un cognome che si ritrova sempre più spesso, in Italia. Oramai non si contano più le persone che hanno deciso di affiancare ai loro cognomi quello di Pino. Una scelta che amplifica ancora di più il legame affettivo che si sta creando fra l’uomo e le persone che ha modo di conoscere negli incontri pubblici che lo vedono protagonista, promossi in tutto il Paese da organizzazioni spontanee di volontari, studenti, cittadini. Un modo come un altro per averlo accanto, impedirgli di volare via, lontano, scacciando il più raccapricciante dei pensieri. Pino appartiene a noi, è la nostra consapevolezza, e quando lo avviciniamo, una parte di lui rimane in noi, inamovibile, e ci infonde speranza, desiderio di poterci nuovamente ricongiungere al più presto.

Il legittimo proprietario di un cognome tanto imponente è un imprenditore calabrese, originario di Catanzaro, città che lo vede nascere nel 1959. A quel tempo la sua famiglia è benestante, il padre conduce un’attività ben avviata in campo edile. Una villa al mare, una in montagna, macchine fiammanti, operai alle sue dipendenze. La famiglia Masciari si è ritagliata una dimensione di tutto rispetto all’interno del tessuto sociale. Alcuni suoi esponenti sono entrati a far parte di uffici amministrativi e giudiziari, svolgendo con competenza e passione i propri ruoli. Nessun pregiudicato, nessun corruttore, non una pendenza con la giustizia.
Giovanissimo, Pino raccoglie l’impresa del padre, facendola volare ancora più in alto, portandola anche fuori dai confini dell’Italia, fino in Germania. Dresda, Berlino. Apre cantieri, promuove la formazione dei suoi dipendenti, propone investimenti accorti e previdenti. Ha fiuto per gli affari. Pino è poco più che trentenne, e la sua lungimiranza aiuta a far muovere l’economia locale, la rende stabile, genera benessere. La Masciari Costruzioni è un’azienda in ascesa, che opera sia in ambito pubblico che privato, ed è destinata a crescere, entro i contorni di un florido impero.
La ‘ndrangheta, potente mafia calabrese, osserva.

Le prime richieste di pagamento arrivano presto, e senza mezzi termini. Gli vengono rivolte esplicitamente. “Se vuoi lavorare, devi darci il 3%”.
Il 3% ai mafiosi e il 6% ai politici.
Pino dice no. Ma la ‘ndrangheta non si dà pensiero. Le reticenze non sono nuove da quelle parti, l’importante è che si ripristino i ruoli. Tuttavia Pino ha una famiglia che con la malavita organizzata non ha niente a che spartire. Ha una morale solida, inattaccabile. Gli suggeriscono di lasciar perdere, ma lui non molla. E le conseguenze sono devastanti. Cantieri in fiamme, mezzi e attrezzature scomparsi misteriosamente, operai intimoriti, minacce di morte. Il fratello è colpito da un proiettile, con fortuna si salverà. La mafia interviene con forza e decisione, non sembra più così certa che prima o poi l’imprenditore cederà alla sue richieste. Pino tiene duro, non cade. Intanto la sua azienda fallisce, oberata dai debiti. La criminalità è un virus insediatosi anche all’interno delle banche, che non gli concedono credito. Comunica alla sua fidanzata, Marisa, di mestiere odontoiatra, che non ce la fa più. Decide di smettere. Licenzia gli ultimi dipendenti e sposa la sua donna, che gli è accanto da quindici anni.

Nel frattempo, Pino ha già fatto i nomi. Partono le prime denunce. Imprenditori, politici, magistrati. Tutti collusi con la mafia. Nomi importanti, rinomati, finiscono nel registro degli indagati. Molti saranno condannati, per estorsione, concussione, collusione con la malavita, reati di stampo mafioso.
La vita di Pino e Marisa non è più la stessa, sono stranieri in casa propria. Il pericolo è grave. Dal giorno alla notte, sono costretti a scappare.
A mezzanotte ed un minuto di sabato 18 ottobre 1997 Pino e Marisa fuggono dalla propria terra.
Non lavoreranno più. Non vedranno più i loro cari. I loro bambini vedranno la madre di Pino, la loro nonna, per sole tre volte, prima di perderla definitivamente nel gennaio di quest’anno. Non avranno amici, mai più allegre serate in compagnia. Non sarà più vita. È il deserto.
La tenacia di Pino è tale da imporgli di non mancare mai ai suoi appuntamenti con la giustizia, per rendere le proprie testimonianze. Ma i procedimenti giudiziari si riveleranno un inferno. Di ritorno nella sua Calabria, Pino sarà spesso lasciato solo, in stanze d’albergo registrate a nome Masciari, in macchine recanti targhe della sua regione domiciliare, a volte senza scorta. Nelle aule giudiziarie si ritroverà vicino ai suoi stessi aguzzini.
Accanto a lui, sua moglie Marisa non gli farà mai venir meno il suo sostegno, il suo amore. Nei momenti di incertezza, la sua presenza si rivelerà determinante. Il suo “andiamo avanti!” sarà per Pino una marcia in più, come anche i suoi figli.

A Brescia Pino Masciari è stato ospite per due giorni. Il tempo utile a realizzare un incontro con gli studenti ed un altro aperto alla cittadinanza. Entrambi eventi indimenticabili. Il primo, in particolare, per la forza e l’espressività con cui Pino ha coinvolto i giovanissimi, vero perno sul quale fare leva per infondere consapevolezza.

I ragazzi del Meetup di Brescia che in questo periodo hanno vissuto accanto a Pino, hanno oggi l’anima colma di speranza, hanno fatto il pieno di emozioni per una vita intera. Hanno compreso che i loro sforzi non sono vani, che il “tutto è perduto” appartiene a chi cerca una scusa per pensare a sé stesso, venendo meno alla sua reale responsabilità. Hanno capito che ogni pensiero, parola e azione porterà sempre un risultato, anche se piccolo. Sono rinati a nuova luce, con nuovi orizzonti davanti, e una rinnovata percezione della propria esistenza.
Hanno voluto far propria un’esperienza che probabilmente non dimenticheranno mai, fino a quando avranno vita. Più il tempo passava e più accresceva in loro il timore di lasciarlo andare.
Al momento dei saluti, dell’arrivederci, Pino, la sensazione di sgomento non è stata paura, bensì incredulità. È stato scoprire, alla fine, che il senso di protezione da lui proveniente era maggiore di quello che tutti insieme si riusciva ad infondergli.
Una sorta di scherzo del destino, di contrappasso, di scambio di ruoli. O, più concretamente, la meravigliosa grandezza di questo personaggio. Quella grandezza che ci porta oggi ad amare lui, sua moglie e i suoi figli dal profondo dei nostri cuori.

Oggi, e per noi tutti, Pino e la sua famiglia sono eroi. Sono esperienze, scelte di vita da cui trarre insegnamento. Sono valori, i più alti valori che un essere umano potrà mai esprimere. Sono sentimenti, di amore, passione, giustizia, legalità, solidarietà, sincerità. Sono vite che vale la pena vivere in ogni istante, assaporandone il vigore e l’intensità. Sono coraggio, integrità, fermezza. Sono le nuove generazioni, che meritano il nostro incondizionato sacrificio. Pino, Marisa, Ottavia e Francesco sono questo, ed oltre. Sono tutti noi, o come vorremmo e dovremmo essere. Sono speranze, lacrime di felicità e gioia. Sono il nostro futuro, da preservare ad ogni costo, forse anche delle nostre stesse vite.

Ps
Un abbraccio immenso, infinito, va agli Amici di Pino Masciari. Soltanto adesso comprendo il valore e l’importanza della vostra esistenza. E sono oggi fiero di potermi sedere al vostro fianco in questo viaggio straordinario.

Chi è Pino Masciari

Adrian was there

domenica 1 marzo 2009

Gioacchino


Ho da offrire solo questo titolo scarno. Un nome.
Perdonatemi. Non mi va di commentare.
L'intervista di Gioacchino Genchi che Beppe ha pubblicato di recente fa gelare il sangue nelle vene, e temere per la sua vita. Mai mi era capitato di provare tanta rabbia, e paura.
A voi che avete avuto il coraggio di rinunciare ad ideologie sepolte, guardatela e diffondetela in ogni dove.

Adrian was there

Premi dall'estero e premi di casa nostra

L’associazione dei giornalisti tedeschi (DJV) conferisce il premio per la libertà di stampa a Marco Travaglio

I sette membri del consiglio direttivo federale della DJV, l’associazione dei giornalisti tedeschi, quest’anno hanno assegnato il premio per la libertà di stampa al giornalista e autore italiano Marco Travaglio.

Michael Konken, presidente federale della DJV, ha motivato la decisione dichiarando: “Assegnamo il premio a Marco Travaglio, un collega che si è contraddistinto per il coraggio critico e l’impegno dimostrato nel combattere per la libertà di stampa in Italia.”
Travaglio ha saputo denunciare pubblicamente i tentativi dei politici italiani, in particolare di Silvio Berlusconi, di influenzare il lavoro dei media e di ostacolare lo sviluppo di un giornalismo critico. Le critiche di Travaglio si sono orientate anche ai colleghi italiani con lo scopo di incoraggiarli a non sottomettersi alla censura. “Il premio della DJV per la libertà di stampa è il riconoscimento più adatto a Marco Travaglio,” ha dichiarato Konken. “Travaglio deve dare coraggio ai giornalisti italiani affinché possano svolgere la loro funzione di vigilanza e non cadano vittima di intimidazioni”.
Il premio della DJV per la libertà di stampa consiste in 7.500 Euro e sarà conferito a Marco Travaglio a Berlino alle 18:30 del 28 aprile 2009 presso il Palazzo della Bundespressekonferenz (ufficio stampa federale). I rappresentanti dei media sono invitati a partecipare alla cerimonia.
Con questo premio la DJV onora personalità o istituzioni che si impegnano in prima persona in battaglie per il mantenimento e la creazione della libertà di stampa. I precedenti vincitori sono stati il giornalista serbo Miroslav Filipovic, la giornalista russa Olga Kitowa e la redazione del giornale “Berliner Zeitung”. Filipovic ha ricevuto il premio per aver scoperto i crimini di guerra serbi in Kosovo, Kitowa è stata premiata per la sua difficile battaglia contro la corruzione in Russia e la redazione del “Berliner Zeitung” per l’impegno dimostrato nel difendere la libertà di stampa in Germania e l’indipendenza editoriale da Mecom Group, la casa editrice che l’ha rilevata.
24 febbraio 2009
Fonte: http://italiadallestero.info/archives/3612



Avevano criticato l'azienda dopo le dimissioni di Enrico Mentana
Caso Matrix: «inconcepibile» il richiamo di Mediaset a due giornalisti di Mentana
Il sindacato dei giornalisti richiama il diritto di espressione, le leggi e la disciplina del lavoro

ROMA - «Sconcertante», «inconcepibile», «grave caduta delle buone pratiche». La Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi, il sindacato dei giornalisti) si schiera con i colleghi Silvia Brasca e Roberto Pavone per la lettera di richiamo inviata da Mediaset ai due giornalisti di Matrix che avevano criticato la società sul caso Mentana. L'Fnsi chiede il ritiro della contestazione disciplinare. «La Fnsi è vicina ai colleghi, ne rivendica il diritto di espressione salvaguardato dalla Costituzione, dalle leggi e dalla disciplina del lavoro. Il dissenso sulle scelte opinabili non può essere compresso, né oggetto di censura o ritorsioni. A Mediaset la Fnsi chiede il ritiro della lettera di contestazione disciplinare e di voler evitare uno spiacevole, ingiustificato scontro».
DIFESA - Giovedì sera, intervenendo alla trasmissione Annozero su Rai 2, Enrico Mentana aveva difeso i suoi ex colleghi.
27 febbraio 2009
Fonte: http://www.corriere.it/cronache/09_febbraio_27/matrix_fnsi_mentana_84eec2ea-04f5-11de-bb75-00144f02aabc.shtml



Marco Travaglio vince un premio per la libertà di stampa. Ovviamente all'estero, poichè in Italia ci si guarda bene dal premiare chi fa informazione. E, sempre per ovvietà, la notizia è battuta esclusivamente all'estero. Il rischio, infatti, è che i cittadini italiani scoprano una realtà sommersa, che non deve esistere, e arrivino a chiedersi perché un giornalista come Marco Travaglio venga costantemente ricoperto di sterco dalla politica e dai media nazionali, mentre i colleghi tedeschi della DJV (l'associazione dei giornalisti teutonica) gli riconoscono addirittura un premio. E per ragioni impronunciabili, nel nostro Paese. Eresìe che il candore e la verginità dei lettori nostrani non meritano. Quale idiozia, chiedere loro di far fronte all'angusto peso del porsi domande, interrogarsi, riflettere, pensare, constastare un'eventuale errata percezione. Meglio empire le pagine dei giornali con altro, ampliare gli orizzonti, rivolgerci agli "scandali" di casa nostra, spiegare perchè in inverno nevica e d'estate fa caldo, produrre pallide elucubrazioni per giustificare l'assenza di un terzo della popolazione sarda alle urne, concentrarsi a sprazzi su "emergenze" che perdurano da anni, rispolverare antichi eroi della democrazia, da Bettino Craxi a Marcello Dell'Utri, a Vittorio Mangano, a Licio Gelli e chissà quali altre prelibatezze.
Eppure non tutto sembra essere perduto. La libertà d'espressione pare sia un concetto ancora in voga, in Italia. A farsene portatrice è nientepopodimenoche la FNSI, La Federazione Nazionale della Stampa Italiana, il sindacato dei giornalisti. A seguito della cacciata di Enrico Mentana - fresco scopritore dell'impraticabilità del terreno-Mediaset per chi vuol fare informazione -, l'azienda del Premier Silvio Berlusconi ha pensato bene di notificare alcune contestazioni disciplinari ai due giornalisti che avevano osato criticare la scelta di spodestare Mentana.
«Sconcertante», «inconcepibile», «grave caduta delle buone pratiche», le espressioni impiegate dalla FNSI per dipingere il diktat aziendale. Le stesse che altri avrebbero voluto utilizzare per commetare il riconoscimento conferito a Marco Travaglio. Poi qualcuno ha fatto notare loro che di incidenti diplomatici il Premier ce ne ha già fatto dono in abbondanza. Meglio, quindi, cercare una via alternativa per placare gli animi. Si potrebbe emulare i colleghi tedeschi, magari con un trofeo da dedicare ad Emilio Fede. I meriti, c'è tempo per inventarseli.

Adrian was there