lunedì 9 febbraio 2009

Addìo, Eluana

Da poche ore è morta Eluana Englaro, ragazza ridotta in stato vegetativo da 17 anni.
La sua storia mi ha insegnato le perversioni che spesso nasconde la natura umana.

Solidarietà a Beppino Englaro, e al suo dramma di padre, del quale nessuno potrà mai immaginare l'entità. Solidarietà al rispetto che gli è mancato dall'Istituzione in cui crede e da coloro che con presunzione hanno ritenuto lecito sostituirsi al suo dolore. Solidarietà alla libertà di scelta, quella di una ragazza che ha visto compiere le sue volontà dopo 17 anni di attesa. Solidarietà a quanti vivranno la medesima esperienza, tuttavia privati della libertà di scegliere se andarsene o restare, perchè a breve negata. Solidarietà alla natura, che si è presa una vita sottrattale dall'uomo per ben 17 anni. Solidarietà al Popolo Italiano, che ha visto uno dei suoi più importanti valori stuprato da un Imprenditore in età pensionabile e in potenza di subire il fascino della demenza senile. Solidarietà alla Costituzione Italiana, che a differenza dell'Imprenditore ha ancora tanto da insegnarci. Solidarietà al pubblico televisivo, che sarà costretto a reti unificate a subire l'incontenibile disprezzo di Bruno Vespa e dei suoi simili per i presunti "assassini". Solidarietà alla riforma del processo penale, prodotta a beneficio dell'Imprenditore e passata sotto silenzio nella tempesta Englaro. Solidarietà ai cittadini italiani, che a mezzo stampa saranno spinti a dividersi ulteriormente, fra coloro che santificano l'Imprenditore e i suoi seguaci, e coloro che ne sono nauseati, amplificando la disputa nei termini degli Unti del Signore contro gli Assassini. Solidarietà a quanti, nel mezzo, attendono che la ragione dell'uomo si risvegli. Solidarietà a me stesso, che con pazienza attendo.
Addìo Eluana. Ovunque tu sia, spero tu non senta le urla di chi si spartirà la tua memoria.

Adrian was there

venerdì 6 febbraio 2009

L'inutile rimorso dei complici

Michele Serra, sulle pagine di Repubblica, riporta un commento d'altri tempi. Affranto, sconfortato, incredulità mista a sdegno. Piena condivisione.



L'amaca
di Michele Serra - Repubblica del 6 febbraio 2009
Chissà se ci sono "difensori della vita" anche tra i parlamentari di maggioranza che hanno votato in favore dell'obbligo, per medici e infermieri degli ospedali, di denunciare i clandestini. Una legge schifosa e fascista (scusate, non riesco a trovare le sfumature) che trasforma un luogo di soccorso e di cura in luogo di discriminazione. Dove si entra ammalati o feriti, e si esce denunciati. Chissà se hanno pensato, i cattoliconi della maggioranza, alle ragazze clandestine incinte, in regola con la biologia ma non con la burocrazia, che preferiranno partorire in casa, o in qualunque riparo occasionale, pur di non rischiare la denuncia.
Non ce l'ho con i leghisti, loro fanno il loro mestiere, che è quello del repulisti, della mano pesante, della paura al potere. Ce l'ho con i sedicenti moderati e liberali che li affiancano, che votano oscenità come questa turandosi il naso, al solo scopo di tenere in piedi una maggioranza che senza la Lega sarebbe debole e incerta tanto quanto l'opposizione. Se mai un giorno, a questi signori perbene, verrà voglia di dire che hanno sbagliato a votare leggi come queste, per favore non lo facciano. Ci risparmino lo spettacolo irritante del loro inutile rimorso.

giovedì 5 febbraio 2009

DDL "Sicurezza": uno schianto al cuore

Oggi è passato in Senato il DDL sulla Sicurezza.
Ho esaurito i termini per definire ciò che stiamo diventando.
Ronde padane non armate di cittadini. Medici chiamati a denunciare i malati clandestini. Senzatetto registrati, permesso di soggiorno a punti, con tanto di tassa. Una tassa sulla vita per chi ha il permesso, e la scelta di rischiarla per paura di essere denunciato per chi il permesso non ce l'ha.
Io ho paura di guardare dove stiamo andando. Non voglio guardare. Sentirei il rumore di passi in anfibi, schioccare di fruste, battiti di manganello.
In questo momento sto provando un senso di vergogna mai, mai così profondo. Vergogna, perchè il mondo da oggi avrà una ragione in più per evitarci, per guardarci con disprezzo.
"Sono italiano" è un'espressione che oggi mi suggerisce tristezza. Non credevo che un giorno sarei arrivato a pensarlo.
Nel mio Paese non esiste la libertà di scelta. Nemmeno quella di vivere o morire.
La Chiesa sostiene che Dio abbia questo potere, ma credo che oggi il Parlamento riuscirebbe a strapparglielo con un emendamento.
Nel mio Paese i magistrati vengono considerati alla stregua di virus da debellare. E i giornalisti vengono licenziati perchè fanno il loro lavoro, informare.
Non ho più dita per contare le tonnellate di sterco che ci stanno gettando addosso. Non ho più sensibilità per odorare il puzzo, il lezzo, il fetore di scelte che mai dovrebbero appartenerci.
Oggi, come ieri, è triste, domani lo sarà ancora di più.
Questo è il Paese che non voglio. Ma questo è il Paese in cui vivo, e per il quale è mio dovere lottare fino allo stremo per difendere il mio futuro e quello delle generazioni che verranno, prima di cedere le armi.

Adrian was there



Da Emergency.it
Gino Strada: "L'emendamento anti immigrati: una norma stolta prima ancora che perversa"
A oggi, in Italia, una legge vieta al personale sanitario di denunciare gli immigrati conosciuti per ragioni di cura, anche se la loro presenza in Italia non fosse regolare.

Un emendamento approvato al Senato intende sopprimere questa norma. Si metterebbero così gli individui nella condizione di scegliere fra l'accesso alle cure e il rischio di una denuncia; si spingerebbe parte della popolazione presente in Italia nella clandestinità sanitaria, con grandi rischi per sè e per la collettività. Si vuole affidare ai singoli medici la scelta se garantire lo stesso diritto alla cura a tutti gli individui, nel miglior interesse del paziente e nel rispetto del segreto professionale, oppure se esercitare la facoltà di denunciare i loro pazienti "irregolari". Secondo tutti i medici che ho conosciuto e apprezzato, l'unico modo giusto e civile per fare medicina è garantire a tutti la miglior assistenza possibile, senza distinzione alcuna riguardo a colore della pelle, sesso, convinzioni politiche, religiose o culturali, nazionalità o status giuridico. Questo è il modo in cui Emergency ha lavorato, per quindici anni in tredici diversi paesi, curando tre milioni di persone senza distinzioni. Questo è il modo con cui continuiamo a lavorare, anche in Italia, nel Poliambulatorio per migranti e persone indigenti di Palermo. Anche di fronte all'inciviltà sollecitata da una norma stolta prima ancora che perversa, sono certo che i medici italiani agiranno nel rispetto del giuramento di Ippocrate, nel rispetto della Costituzione e della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Nel rispetto, soprattutto, di chiunque si rivolga a loro avendo bisogno di un medico.
Gino Strada, Milano