La mattina del 6 novembre, martedì, si è spento Enzo Biagi.
Era ricoverato in clinica da diversi giorni.
Quando sono venuto a saperlo ero in un bar, stavo bevendo un cappuccino. La notizia mi ha raggiunto per mezzo di un cronista radiofonico.
E' strano come ci si ricordi quasi sempre ciò che si stava facendo nel momento in cui si apprendeva un dramma. E' come se il tempo si fermasse, per rendere il ricordo ancora più indelebile nella tua memoria.
Per un attimo mi è mancato il respiro, mi sono sentito pesante, quasi affaticato. Lo sconforto è quello che mi ha colpito con maggiore efficacia, da subito.
Ero consapevole di aver perso qualcosa di importante.
Ho impiegato un po', prima di capire cosa fosse.
Non era solo l'uomo o il giornalista, che se n'era andato. C'era dell'altro.
Scrivere è una delle mie passioni più grandi.
Provo a raccontare le mie emozioni come fossero immagini da percepire, visivamente, e da conservare. Quello che cerco, in ciò che esprimo, è la speranza che altri possano condividere e trarre forza dalle mie parole. Sentirle proprie. Come quando ci si ritrova a pensare intensamente ad una parola od espressione in particolare, per sentirla dire da qualcuno che ti è accanto in quel preciso momento e sentirsi felici per l'aiuto quasi inaspettato, liberati di un peso.
Le mie parole sono strumenti che altri possono impiegare. E quando ciò avviene, non sono più soltanto io, divento loro stessi. Piango e rido con loro. Sono felice e mi indigno assieme a loro.
Non mi piace scrivere per me stesso. Lo reputo tempo perso. Ciò che scrivo lo rileggo una volta, anzi nemmeno.
Il pensiero che altri possano leggere di me mi fa stare bene, è come se stessi sempre parlando con qualcuno, senza mai rimanere solo. E' un modo per far fronte alla solitudine.
Forse avrei potuto fare il giornalista, forse no, non so.
Forse sono ancora in tempo per diventarlo.
Forse lo sono già.
Enzo Biagi è stato per me il giornalismo, ed anzi qualcosa che andava oltre.
Ne era l'essenza pura e assoluta.
Come aprire un dizionario, correre alla voce e trovare il suo nome a significarla.
Il momento in cui l'emozione personale diventa esperienza d'altri.
Il piacere dello scrivere le proprie sensazioni, certezze e titubanze.
La notizia e i lettori come unici editori.
La rincorsa dell'esperienza dal vivo, senza mai fermarsi. Perchè una notizia, prima di scriverla, riportarla o commentarla, va vissuta e si deve fare tutto quanto è in nostro potere pur di viverla.
E' lì, ferma, ci attende, non è una tesi da dimostrare, ma sostanza da raccogliere.
Bisogna renderla propria, comprenderla a fondo, per poi riproporla all'esterno.
Mi piace credere che Biagi vivesse le sue verità. Che le scoprisse ogni giorno, avvalorandole, rendendosene parte. Un uomo vero, semplice, sincero e leale, prima verso gli altri e poi nei confronti di sè stesso.
Un uomo costretto a pagare a caro prezzo l'amore per la sua professione e i suoi lettori. A futura memoria la sua esperienza di vita, perchè atti di violenza così efferata sulla libertà di espressione non vengano mai più compiuti.
Con lui se ne va non soltanto il giornalista - forse il migliore di tutti i tempi, assieme a quel mostro sacro che era Indro Montanelli -, bensì un orizzonte di esperienze, valori e speranze che appartengono a tutti noi, poichè innati nel popolo italiano, ancorati alla sua cultura e alla sua storia.
L'amico di sempre, il cardinale Ersilio Tonini, lo ha ricordato in occasione della puntata commemorativa di Annozero con un'intensità tale che mi sarà impossibile raggiungere.
Le sue parole e la sua commozione sono dentro di me.
He was there
Era ricoverato in clinica da diversi giorni.
Quando sono venuto a saperlo ero in un bar, stavo bevendo un cappuccino. La notizia mi ha raggiunto per mezzo di un cronista radiofonico.
E' strano come ci si ricordi quasi sempre ciò che si stava facendo nel momento in cui si apprendeva un dramma. E' come se il tempo si fermasse, per rendere il ricordo ancora più indelebile nella tua memoria.
Per un attimo mi è mancato il respiro, mi sono sentito pesante, quasi affaticato. Lo sconforto è quello che mi ha colpito con maggiore efficacia, da subito.
Ero consapevole di aver perso qualcosa di importante.
Ho impiegato un po', prima di capire cosa fosse.
Non era solo l'uomo o il giornalista, che se n'era andato. C'era dell'altro.
Scrivere è una delle mie passioni più grandi.
Provo a raccontare le mie emozioni come fossero immagini da percepire, visivamente, e da conservare. Quello che cerco, in ciò che esprimo, è la speranza che altri possano condividere e trarre forza dalle mie parole. Sentirle proprie. Come quando ci si ritrova a pensare intensamente ad una parola od espressione in particolare, per sentirla dire da qualcuno che ti è accanto in quel preciso momento e sentirsi felici per l'aiuto quasi inaspettato, liberati di un peso.
Le mie parole sono strumenti che altri possono impiegare. E quando ciò avviene, non sono più soltanto io, divento loro stessi. Piango e rido con loro. Sono felice e mi indigno assieme a loro.
Non mi piace scrivere per me stesso. Lo reputo tempo perso. Ciò che scrivo lo rileggo una volta, anzi nemmeno.
Il pensiero che altri possano leggere di me mi fa stare bene, è come se stessi sempre parlando con qualcuno, senza mai rimanere solo. E' un modo per far fronte alla solitudine.
Forse avrei potuto fare il giornalista, forse no, non so.
Forse sono ancora in tempo per diventarlo.
Forse lo sono già.
Enzo Biagi è stato per me il giornalismo, ed anzi qualcosa che andava oltre.
Ne era l'essenza pura e assoluta.
Come aprire un dizionario, correre alla voce e trovare il suo nome a significarla.
Il momento in cui l'emozione personale diventa esperienza d'altri.
Il piacere dello scrivere le proprie sensazioni, certezze e titubanze.
La notizia e i lettori come unici editori.
La rincorsa dell'esperienza dal vivo, senza mai fermarsi. Perchè una notizia, prima di scriverla, riportarla o commentarla, va vissuta e si deve fare tutto quanto è in nostro potere pur di viverla.
E' lì, ferma, ci attende, non è una tesi da dimostrare, ma sostanza da raccogliere.
Bisogna renderla propria, comprenderla a fondo, per poi riproporla all'esterno.
Mi piace credere che Biagi vivesse le sue verità. Che le scoprisse ogni giorno, avvalorandole, rendendosene parte. Un uomo vero, semplice, sincero e leale, prima verso gli altri e poi nei confronti di sè stesso.
Un uomo costretto a pagare a caro prezzo l'amore per la sua professione e i suoi lettori. A futura memoria la sua esperienza di vita, perchè atti di violenza così efferata sulla libertà di espressione non vengano mai più compiuti.
Con lui se ne va non soltanto il giornalista - forse il migliore di tutti i tempi, assieme a quel mostro sacro che era Indro Montanelli -, bensì un orizzonte di esperienze, valori e speranze che appartengono a tutti noi, poichè innati nel popolo italiano, ancorati alla sua cultura e alla sua storia.
L'amico di sempre, il cardinale Ersilio Tonini, lo ha ricordato in occasione della puntata commemorativa di Annozero con un'intensità tale che mi sarà impossibile raggiungere.
Le sue parole e la sua commozione sono dentro di me.
He was there
2 commenti:
ho letto un pò il tuo blog ed è davvero interessante..niente male!!
Grazie, Criso!
Mi spiace non poterlo aggiornare come vorrei
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