mercoledì 30 dicembre 2009

Auguri per un felice anno nuovo

Ho scritto un testo per gli auguri di buon anno che il Meetup rivolge agli amici.
Lo condivido e lo dedico al mio lettore.



Cari amici,
è estremamente difficile far capire quanto sia meraviglioso inventare e promuovere iniziative senza uno straccio di stipendio ma per pura e semplice passione civile, sperimentare nuove esperienze per migliorarci ancora e ancora, confrontarci ed accogliere critiche e valutazioni per correggere gli eventuali errori, ampliare la nostra consapevolezza senza fermarci alla prima superficie ma scavando sempre più a fondo, conoscere le straordinarie storie di vita e sensibilità delle persone che si avvicinano al percorso Meetup. Sarebbe come spiegare i colori dell'arcobaleno ad un non vedente dalla nascita. Ci proviamo, ma i nostri sono racconti e parole che lasciano il tempo che trovano. Il modo migliore per comprendere questa realtà è partecipare. Provarci, e se non piace, provarci ancora. Ascoltare le voci ed osservare i volti di chi c'è e ha messo da parte l'indignazione per far spazio alla speranza e all'azione, è l'unica via per vivere il Meetup con l'intensità che merita.
Il 2009 ci ha visto maturare oltre ogni attesa. Il risultato più edificante è il senso di vivace solidarietà trasmesso dal Meetup, che contagia chiunque ne venga a contatto e fa comprendere quanto il contributo di ognuno sia fondamentale, in qualsiasi misura di tempo e disponibilità. A marzo abbiamo conosciuto Pino Masciari, testimone di giustizia che assieme alla propria famiglia rischia la vita per aver denunciato la mafia calabrese. A giugno è nata Emma. Nello stesso giorno nasceva anche FAQ, il non-periodico d'informazione del gruppo. Primo caso di parto gemellare Meetup a distanza. La strategia Rifiuti Zero è stata approfondita al punto che a presentarla in conferenza con tanto di slides sono direttamente i ragazzi del gruppo. Il virus Linux ha invaso diverse scuole della provincia, altre stanno alzando la testa. Marco Travaglio ha richiamato a sè quasi 1.500 persone, nell'incontro promosso a giugno. A dicembre ci ha raggiunto Gioacchino Genchi, ex consulente informatico del giudice Giovanni Falcone. Poi è stata la volta del convegno sul risparmio energetico e le energie rinnovabili, straordinario momento di informazione. E pochi giorni fa, assieme ai comitati ambientalisti locali, abbiamo depositato il ricorso al TAR contro la riqualificazione della centrale di Lamarmora, grazie anche all'importantissimo contributo di quanti hanno finanziato la causa attraverso il Meetup. A tutti loro un abbraccio infinito.
Quest'anno si chiude con le immagini della protesta iraniana soppressa nel sangue, degli studenti italiani in corteo picchiati a suon di manganelli, dei lavoratori cassaintegrati sui tetti delle fabbriche la vigilia di Natale, dei ricercatori precari senza il becco di un quattrino, dell'avvìo dei lavori per il ponte sullo Stretto e per le centrali nucleari, del TG1 targato Minzolini che riesce perfino a far rimpiangere il TG4 di Emilio Fede, del Comune di Trenzano (BS) che delibera il divieto di costruire moschee e luoghi di culto islamici sul proprio territorio, del sindaco di Milano Letizia Moratti che annuncia di voler dedicare una via della città al latitante Bettino Craxi, dei sondaggi che chiedono ai lettori di esprimersi sul nodo cruciale della politica italiana "è meglio andare con una escort o folleggiare con un trans?", del riabilitato "Partito dell'Amore" che giudica coglione chi vota per altri, augura a certa parte politica di andare a morire ammazzata, nega l'arresto di un sottosegretario in odore di camorra, si pulisce il culo con il tricolore e ha per le Istituzioni un rispetto tanto incontenibile da sconfinare nella Monarchia Aziendale.
Ma si chiude anche e soprattutto con le immagini dei pannolini lavabili che le neo-mamme di Concesio ed altri Comuni della provincia bresciana possono adoperare per ridurre i rifiuti prodotti e risparmiare rispetto alle confezioni usa e getta. In un Paese in cui "fare politica" equivale a commentare il verbo che Silvio Berlusconi e i suoi compagni di merende proferiscono quotidianamente, questa notizia è una boccata d'ossigeno. Ci fa capire che il Paese è fermo, intento a discutere del nulla, mentre la metastasi indotta dalla criminalità istituzionalizzata lo consuma lentamente, da dentro. Quella notizia, al confronto, è aria pura e leggera. Ci fa stare bene. Ci fa pensare ai bambini, che rappresentano il nostro futuro, e alla responabilità che oggi abbiamo nei loro confronti e verso il mondo in cui viviamo. In loro risplende la nostra speranza, la voglia di cambiare ed essere protagonisti consapevoli e responsabili del cambiamento, quel "fresco profumo di libertà" che il giudice Paolo Borsellino evocava poco prima di lasciarci per sempre.
Il primo augurio di buon anno lo dedichiamo a quelle mamme e ai loro bimbi appena nati.
Il secondo a noi stessi, affinchè si abbia la forza di proteggere quelle nuove generazioni da chi oggi detiene il potere, all'ombra del compromesso e dell'interesse.
Il terzo è per chi lotta ogni giorno per fare rete, informare, coinvolgere, difendere la libertà di scelta, con passione ed umiltà, senza mollare alle prime avversità, senza cedere l'ultimo granello di dignità che gli rimane, perchè ha nel cuore la certezza che quanto sta realizzando oggi sarà determinante per chi arriverà domani.
Crederci ed esserci, sempre. Meetup!



Adrian was there

domenica 25 ottobre 2009

Istituzione, non per gioco

Punto primo: ciò che si fa nella propria vita privata è giusto che rimanga tale, privato, e ciò per qualsiasi uomo su questa Terra. Esiste una dimensione nella quale nessuno potrà mai entrare, oltre te. E' quello spazio della nostra anima, e di riflesso nella quotidianità, nel quale nessun altro avrà mai accesso.
Punto secondo: se sei un uomo che riveste un ruolo istituzionale, la tua privacy sarà necessariamente soggetta a restrizioni. Dovrai essere l'esempio, ed in quanto tale la tua esistenza dovrà essere esemplare, verificabile in ogni istante. La verità sopra ogni cosa.
Punto terzo: se oggi ti appartiene, quel ruolo istituzionale ti è stato riservato in precedenza da altri. Gli elettori ti hanno concesso fiducia sulla base del modello - personale e professionale - da te proposto, che hanno percepito ed approvato.
Punto quarto: mentire non è degno di un'Istituzione. La menzogna, per definizione, è ricattabile. Il ricatto deve essere mantenuto fuori da qualsiasi vincolo istituzionale, onde delegittimarne impegno, obiettivi, valori.
Punto quinto: se rappresenti un'Istituzione e hai mentito, l'unica strada è andarsene, e senza "autosospensioni". La tua condotta non è più esemplare. E il fondamentale rapporto di fiducia elettore-eletto, quello che è alla base di qualsiasi democrazia, è venuto meno.
Punto sesto: potrai sempre tornare, certo. Ma gli elettori, quando tornerannno a scegliere te od un altro, avranno una consapevolezza diversa. Sapranno che hai mentito. E qualcuno, fra loro, penserà che potrebbe accadere di nuovo. Qualcun altro, forse, saprà offrirti una seconda possibilità. Altri anche una terza.

Piero Marrazzo, ex Governatore della Regione Lazio, ha visto la sua vita devastata a causa di una relazione extraconiugale con un transessuale. Pare sia distrutto, fisicamente e mentalmente. Vuole "sparire". Un atteggiamento che nell'Italia di oggi sembra quasi innaturale. Eppure dovrebbe essere la consuetudine. La naturale conseguenza al tradimento del proprio mandato. Una decisione che anche altri dovrebbero prendere, o avrebbero già dovuto prendere da tempo.

LA GIORNATA DI MARRAZZO: Prostrato, barba lunga e occhiaie profonde
Il colloquio e il pianto con la famiglia

«Basta, adesso voglio sparire»
Il governatore: lascio, pago la mia debolezza


Adrian was there

giovedì 24 settembre 2009

Sono Partito Democratico e non sono mai arrivato

Dal Corriere della Sera.



L'esponente del PD a Buonconvento in provincia di Siena
D'Alema: «Governo è inadeguato»
Per l'ex ministro degli Esteri «non è vero che l'opinione pubblica italiana sta con lui. Il Paese è diviso»

SIENA - «La guida politica del paese è inadeguata. Non è vero che l'opinione pubblica italiana sta con lui». Massimo D'Alema dal palco di Buonconvento, in provincia di Siena, dove si è tenuto un dibattito « Ribelli di oggi e di ieri: c'è ancora voglia di cambiare il mondo?», spiega anche che sta vivendo un momento di incertezza. «La verità è che il nostro paese è profondamente diviso».
LE ELEZIONI - E arrivo subito l'esempio. «Alle ultime elezioni politiche un terzo degli italiani non ha votato - ha spiegato l'ex premier - e i due terzi che hanno votato si sono divisi: il 45% con il partito che è al governo, il 55% con le forze politiche sono all'opposizione. Quindi è il caso di dire che semmai un italiano su tre sta con lui -ha aggiunto senza mai nominare il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi- e gli altri due su tre sono genericamente contro di lui».
LAICITA' - Subito dopo passa a parlare del Pd. «Un partito come il nostro deve essere l'erede della migliore tradizione democristiana in materia di difesa della laicità della politica e dello Stato». E alla domanda su cosa avesse in comune con Paola Binetti, D'Alema ha risposto: «Apparentemente molto poco per quanto riguarda le convinzioni morali e religiose, ma concretamente ad esempio molto in comune quando si tratta del valore della famiglia, cosa per me molto importante. Per il resto abbiamo punti seri di divergenza». E ha aggiunto: «Io credo nella laicitá della politica, un convincimento che non deriva dalla tradizione comunista ma da quella democristiana. Non si può pretendere di imporre i propri valori con la forza delle leggi». E poi l'attacco. D'Alema ha sottolineato come oggi invece ci sia una classe dirigente al governo che testimoni il contrario nella propria vita privata quei valori che invece professa a parole, «sperando probabilmente poi di farsi perdonare i propri peccati dalla Chiesa».
IL FUTURO - E per quel che riguarda le nuove generazioni, ha spiegato: «Abbiamo bisogno di un partito vero, capace di formare e selezionare la nuova classe dirigente. Un partito che sappia mettere alla prova innanzitutto i giovani, facendoli crescere e sia in grado di formare la nuova classe dirigente».




Sono perle di saggezza, quelle del candidato ombra al vertice del PD. Parole da brividi - attenzione, "il Governo è inadeguato" - , tanto memorabili da rappresentare il nulla. Eppure, in tutta questa dissolvenza c'è qualche spunto interessante. D'Alema invita a "creare un partito vero". Bene, almeno adesso abbiamo la conferma che quello che si fa chiamare Partito Democratico è uno scherzo. E' quel "mettere alla prova i giovani", che sa di minaccia reale. Perchè può capitare che i giovani falliscano, o si facciano strane idee, come Debora Serracchiani. E quindi i Grandi Saggi devono tornare a rimboccarsi le maniche, a far vedere loro come si fa. E in ciò, il Conte Max è indubbiamente un maestro.

Adrian was there

domenica 21 giugno 2009

Così muore la libertà di informazione, ma noi vogliamo tenerla in vita!

Pubblico un testo che ho scritto nella notte per il Meetup di Brescia. L'ho scritto con rabbia e cuore. Sono tempi in cui il sonno non riesce a raggiungermi.
Le immagini dei morti in Iran e della violenza che il regime oppone al popolo della Rete mi suggeriscono cupi orizzonti.



La questione è semplice. Ci stanno ammazzando lentamente la libertà d'informazione. Ce la tolgono piano piano, in attesa della stretta finale, come l'illusionista fa sparire la tovaglia dal tavolo, lasciando in piedi tutti i bicchieri ed intatte le stoviglie. Fino a quando ci sveglieremo un giorno e ci sembrerà come il precedente, per poi scoprire che ogni nostra parola si perde nel vuoto, inascoltata. E mentre prima eravamo in grado di parlare, di farci ascoltare, chi ci starà davanti non si accorgerà nemmeno della nostra presenza. Saremo diventati esseri trasparenti, vuoti, perchè il silenzio non ha colore, non ha tono, non ha vita.
La legge bavaglio sulle intercettazioni non è una porcata come quella elettorale. E' una violenza culturale, consapevole, meccanica. Mafiosa. Protratta per fini ben distanti dalla "sicurezza" alla quale tanto ci si appella.
Ed è solo un anno che questa Legislatura è in corsa. Ne mancano ancora quattro alla scadenza del mandato. Ogni giorno è un'offesa in più, un tentativo di sovvertire la nostra dignità di cittadini informati e liberi di scegliere. Ogni giorno è un passo forzato verso la demolizione controllata del nostro Stato di Diritto, della nostra Giustizia e rispettabilità internazionale.
Secoli di storia dell'umanità hanno visto in Italia la nascita di geni inarrivabili della letteratura, dell'arte, della musica, della cultura, della politica. Oggi, in quello che dovrebbe essere il Tempio di queste Memorie - il Parlamento Italiano -, siedono fianco a fianco pregiudicati, condannati in via definitiva, prescritti, inquisiti ed indagati. Mentre in internet scorrono fiumi di sterco e verità nascoste, in tv si affacciano profumi inebrianti, parole suadenti e corpi mozzafiato. Quella che era ed è la feccia di questo Paese ne è diventata la faccia.

Chissà a chi non è venuto da sorridere amaro, ascoltando i tg nazionali parlare di "Regime che ha nel mirino la Rete, i siti, i blog, internet, la libertà d'espressione" per ciò che sta accadendo in Iran. Chissà a quanti non è venuto da chiedersi: "stanno parlando dell'Iran o dell'Italia?", per poi vedere le immagini delle centinaia di migliaia di cittadini iraniani nelle piazze, e convincersi che no, non era dell'Italia che si stava parlando, poichè in Italia le piazze si riempiono solo per i V-Day di Beppe Grillo. O per i saldi.

Alcuni degli ultimi giornalisti liberi rimasti in Italia usciranno a settembre con un nuovo giornale, "Il Fatto Quotidiano", del quale un giorno ci piacerebbe diventare azionisti, attraverso il Meetup. Quelle stesse persone stanno organizzando una notte bianca di protesta a Roma, il prossimo 8 luglio, senza bandiere, che riproporremo anche a Brescia. Sempre loro hanno sottoscritto un appello per la libertà d'informazione, al quale ci sentiamo in dovere di aderire, con il cuore e con la mente, con tutte le nostre voci in coro, per urlare "Così muore la libertà di informazione, ma noi vogliamo tenerla in vita!".

Meetup "Amici di Beppe Grillo di Brescia"
Associazione "Ricomincio da Grillo"


Diffondiamo il più possibile.



Dal Blog Voglio scendere

18 giugno 2009
Così muore la libertà di informazione,
ma noi vogliamo tenerla in vita


Noi sottoscritti ci riconosciamo nell’articolo 21 della Costituzione Italiana che recita fra l'altro: "La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione".
Il disegno di legge n. 1415 sulle intercettazioni e sulla cronaca giudiziaria, cioè la legge-bavaglio, che sta per essere definitivamente approvato al Senato viola apertamente questi principi.
Noi ci dichiariamo pronti all'"obiezione di coscienza", cioè a continuare a pubblicare gli atti giudiziari (intercettazioni, ma non solo) che non sono segreti, ma di cui la maggioranza di governo vuole impedire la pubblicazione e la conoscenza. Chiediamo agli editori, all'Ordine dei Giornalisti, alla Federazione della Stampa, agli organismi sindacali di tutte le testate (carta stampata, radio e televisione) di aderire a questa forma di protesta civile.
Invitiamo il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a valutare i profili di incostituzionalità del disegno di legge e a respingerlo alle Camere.
Chiediamo ai cittadini di aderire al nostro appello, perché hanno il diritto di essere informati correttamente e compiutamente.
Noi giornalisti siamo pronti a pagare in tribunale le conseguenze del nostro gesto, in attesa che la Corte costituzionale e la Corte europea di giustizia di Strasburgo dichiarino illegittima la legge-bavaglio. La nostra libertà di informare riguarda tutti. E' giunto il momento di difendere la nostra Costituzione.

Gianni Barbacetto, Pino Corrias, Peter Gomez, Sandro Ruotolo, Marco Travaglio

Iscriviti al gruppo su Facebook



Ps
Caro lettore, per mantenerti aggiornato ti invito a frequentare il Meetup di Brescia:
- la legge bavaglio sulle intercettazioni;
- il presidio dell'8 luglio a Brescia;
- il Fatto Quotidiano, il giornale di Antonio Padellaro e Marco Travaglio.

mercoledì 20 maggio 2009

È stato assolto. Diarrea in tv

Ieri sono state depositate a Milano le motivazioni della sentenza che ha condannato l'avvocato inglese David Mills a 4 anni e 6 mesi per corruzione in atti giudiziari.
Vi si legge: «Agì da falso testimone per consentire a Silvio Berlusconi e al gruppo Fininvest l'impunità dalle accuse, o almeno, il mantenimento degli ingenti profitti realizzati. Dall'altro lato ha contemporaneamente perseguito il proprio vantaggio economico». Un inviato di Studio Aperto è riuscito a leggere l'intera sentenza durante il collegamento in diretta. Incredibile. 376 pagine di motivazioni in due secondi e tre decimi. L'ha letta con tale velocità che ne è uscita un'unica espressione comprensibile: "Berlusconi è stato assolto".

Il Premier ha già fatto sapere che riferirà in Parlamento. Farlo in Tribunale, rinunciando al Lodo Alfano che, di fatto - se la Corte Costituzionale lo ritenesse compatibile con la Carta -, lo rende intoccabile, sarebbe troppo rischioso. Essere giudicato al pari grado di un comune cittadino è un pensiero osceno, un'eventualità inammissibile. Un film porno trasmesso in una scuola elementare.

Il Parlamento, invece, che tra pregiudicati, condannati ed inquisiti ha un tasso di criminalità prossimo a quello del rione napoletano di Scampia, è la cornice perfetta. L'ambiente ideale nel quale dichiarare amore eterno alle macellerie specializzate in carne di magistrato, di futura adozione.
Prepariamoci allo show.

Intanto, sono arrivati i risultati del nuovo sondaggio commissionato dal Premier. La fonte, come al solito, è ignota. Ve li riporto di seguito.

Le ultime stime dicono che il 180% del Paese ha fiducia in Silvio Berlusconi. Il 243% ritiene che vi siano buone probabilità di resurrezione, a seguito della crocefissione, per altro in un corpo più alto e abbronzato. L'891% si è convinto che prima del Big Bang vi fosse stata una sua telefonata diplomatica, per evitare il disastro.
Il - 0,00092% crede invece che il personaggio in sè e ciò che rappresenta siano un danno senza precedenti.
Con loro anche il resto del mondo.

Adesso un po' di rassegna stampa.

Il Giornale
Caso Mills, magistrati contro Berlusconi
"Riferirò alle Camere"

Il Corriere della Sera
Le motivazioni della sentenza. Il premier: «riferirò in parlamento»
I giudici di Milano: «L'avvocato Mills fu corrotto da Silvio Berlusconi»
L'avvocato inglese condannato a 4 anni e 6 mesi per corruzione in atti giudiziari: agì «da falso testimone»

Voglio scendere, Marco Travaglio
Si dice il corrotto ma non il corruttore

Stay tuned!

Adrian was there

sabato 25 aprile 2009

Liberazione!

Dedico oggi un pensiero a quanti hanno dato la vita per i più alti valori di questa nostra esistenza. A chi non ha voluto chinare la testa, ma ha offerto il proprio petto per un ideale, una speranza, la voglia di cambiare.
Democrazia, partecipazione, libertà di espressione, rispetto, giustizia, sincerità, passione civile, amore, solidarietà. Concetti che troppo spesso dimentichiamo, o consideriamo retorica ed ancor peggio ci vengono sottratti impunemente da chi ci obbliga a disperdere la memoria del passato e la consapevolezza del presente.
Oggi è il giorno dell'Italia e degli Italiani, di coloro che hanno vissuto in tempi di morte e non dimenticheranno mai, di coloro che hanno letto la Storia sui libri di scuola e l'hanno fatta propria, di coloro che negli occhi dei sopravvissuti e di chi ha visto, ascoltato, percepito, scorgono il significato della loro vita.
Oggi a Brescia è una bella giornata, c'è il sole, i parchi sono pieni di bambini, i negozi chiusi. Chi si è recato all'Ikea per occupare il proprio tempo libero ha trovato una saracinesca abbassata. E magari, nel chiedersi perchè, ha scoperto che il 25 aprile non è un giorno come tanti altri.
Un abbraccio forte a voi tutti.


V per Venticinqueaprile

Buona sera, Brescia. Prima di tutto vi prego di scusarmi per questa interruzione. Come molti di voi io apprezzo il benessere della routine quotidiana, la sicurezza di ciò che è familiare, la tranquillità della ripetizione. Ne godo quanto chiunque altro. Ma nello spirito della commemorazione, affinché gli eventi importanti del passato, generalmente associati alla morte di qualcuno o al termine di una lotta atroce e cruenta vengano celebrati con una bella festa, ho pensato che avremmo potuto dare risalto a questo 25 aprile, un giorno ahimè sprofondato nell'oblio, sottraendo un po' di tempo alla vita quotidiana, per sederci e fare due chiacchiere. Alcuni vorranno toglierci la parola, sospetto che in questo momento stiano strillando ordini al telefono e che presto arriveranno gli uomini armati. Perché? Perché, mentre il manganello può sostituire il dialogo, le parole non perderanno mai il loro potere; perché esse sono il mezzo per giungere al significato, e per coloro che vorranno ascoltare, all'affermazione della verità. E la verità è che c'è qualcosa di terribilmente marcio in questo paese. Crudeltà e ingiustizia, intolleranza e oppressione. E lì dove una volta c'era la libertà di obiettare, di pensare, di parlare nel modo ritenuto più opportuno, lì ora avete censori e sistemi di sorveglianza, che vi costringono ad accondiscendere a ciò. Com'è accaduto? Di chi è la colpa? Sicuramente ci sono alcuni più responsabili di altri che dovranno rispondere di tutto ciò; ma ancora una volta, a dire la verità, se cercate il colpevole... non c'è che da guardarsi allo specchio. Io so perché l'avete fatto. So che avevate paura. E chi non ne avrebbe avuta? Stupri, terrore, immigrati. C'era una quantità enorme di problemi, una macchinazione diabolica atta a corrompere la vostra ragione e a privarvi del vostro buon senso. La paura si è impadronita di voi, ed il Caos mentale ha fatto sì che vi rivolgeste a chi prometteva ordine e pace in cambio del vostro silenzioso, obbediente consenso. Ho cercato di porre fine a questo silenzio, per ricordare a questo paese quello che ha dimenticato. Più di cinquant'anni anni fa, i grandi Resistenti hanno voluto imprimere per sempre nella nostra memoria il 25 aprile. La loro speranza, quella di ricordare al mondo che l'equità, la giustizia, la libertà sono più che parole: sono prospettive.

Libera interpretazione del discorso televisivo di V, tratto dal film "V per Vendetta"
(Qui l'originale)



Adrian was there

lunedì 16 marzo 2009

Pino Masciari - Un uomo, il suo coraggio, la nostra speranza

Giuseppe Masciari è un imprenditore edile calabrese. È sottoposto ad un programma speciale di protezione testimoni dal 18 ottobre 1997, insieme a sua moglie Marisa e i loro due bambini, Ottavia e Francesco.
Pino ha denunciato la ‘Ndrangheta.
Ha fatto i nomi. Nomi di mafiosi e politici collusi. Ha infranto sogni criminali, sottratto certezze alla malavita organizzata.
Oggi Pino Masciari è un eroe.
E negli ultimi giorni ho avuto l'onore di vivergli accanto.

La prima impressione che genera è quella di un uomo in grado di gestire sapientemente le situazioni più complicate, come fossero puerili incombenze, ordinaria amministrazione, insomma.
Le sue movenze, mai rigide, sembrano scorrere come acqua. Fluide, controllate, misurate. Mai un gesto scomposto. Persino il volto non reca presunzione, o sguardi prevaricatori. L’intensità delle sue espressioni, condite da occhi penetranti e un luminoso sorriso, non è mai invasiva, ed anzi rassicurante, tale da farti sentire in pace con te stesso, libero e spensierato, felice di avere finalmente davanti una persona alla quale potresti mettere in mano la tua vita senza pensarci un istante. Un padre, un fratello, l’amico più caro. E non appena apre bocca, il fiume in piena delle sue parole e delle emozioni che da esse scaturiscono travolge chiunque capiti a tiro.

Nei due giorni di permanenza a Brescia, Giuseppe Masciari (“Pino”, per i suoi Amici) mi ha fatto letteralmente innamorare dell’eroe che porta in grembo, e che non smette mai di mostrarsi, con pacatezza, riserbo ed anche vigore, in ogni posa assunta, parola pronunciata, od espressione dipinta sul viso. Una sicurezza per l’interlocutore di turno, la parola fine scritta a caratteri cubitali a margine dei dubbi più oppressivi, ove il dilemma più intenso, quello del “tutto è perduto?” si risolve nella più naturale delle soluzioni: la responsabilità verso sé stessi e verso chi ci sta a cuore, ovvero tutti, senza distinzioni, riserve o reticenze.

Masciari è un cognome che si ritrova sempre più spesso, in Italia. Oramai non si contano più le persone che hanno deciso di affiancare ai loro cognomi quello di Pino. Una scelta che amplifica ancora di più il legame affettivo che si sta creando fra l’uomo e le persone che ha modo di conoscere negli incontri pubblici che lo vedono protagonista, promossi in tutto il Paese da organizzazioni spontanee di volontari, studenti, cittadini. Un modo come un altro per averlo accanto, impedirgli di volare via, lontano, scacciando il più raccapricciante dei pensieri. Pino appartiene a noi, è la nostra consapevolezza, e quando lo avviciniamo, una parte di lui rimane in noi, inamovibile, e ci infonde speranza, desiderio di poterci nuovamente ricongiungere al più presto.

Il legittimo proprietario di un cognome tanto imponente è un imprenditore calabrese, originario di Catanzaro, città che lo vede nascere nel 1959. A quel tempo la sua famiglia è benestante, il padre conduce un’attività ben avviata in campo edile. Una villa al mare, una in montagna, macchine fiammanti, operai alle sue dipendenze. La famiglia Masciari si è ritagliata una dimensione di tutto rispetto all’interno del tessuto sociale. Alcuni suoi esponenti sono entrati a far parte di uffici amministrativi e giudiziari, svolgendo con competenza e passione i propri ruoli. Nessun pregiudicato, nessun corruttore, non una pendenza con la giustizia.
Giovanissimo, Pino raccoglie l’impresa del padre, facendola volare ancora più in alto, portandola anche fuori dai confini dell’Italia, fino in Germania. Dresda, Berlino. Apre cantieri, promuove la formazione dei suoi dipendenti, propone investimenti accorti e previdenti. Ha fiuto per gli affari. Pino è poco più che trentenne, e la sua lungimiranza aiuta a far muovere l’economia locale, la rende stabile, genera benessere. La Masciari Costruzioni è un’azienda in ascesa, che opera sia in ambito pubblico che privato, ed è destinata a crescere, entro i contorni di un florido impero.
La ‘ndrangheta, potente mafia calabrese, osserva.

Le prime richieste di pagamento arrivano presto, e senza mezzi termini. Gli vengono rivolte esplicitamente. “Se vuoi lavorare, devi darci il 3%”.
Il 3% ai mafiosi e il 6% ai politici.
Pino dice no. Ma la ‘ndrangheta non si dà pensiero. Le reticenze non sono nuove da quelle parti, l’importante è che si ripristino i ruoli. Tuttavia Pino ha una famiglia che con la malavita organizzata non ha niente a che spartire. Ha una morale solida, inattaccabile. Gli suggeriscono di lasciar perdere, ma lui non molla. E le conseguenze sono devastanti. Cantieri in fiamme, mezzi e attrezzature scomparsi misteriosamente, operai intimoriti, minacce di morte. Il fratello è colpito da un proiettile, con fortuna si salverà. La mafia interviene con forza e decisione, non sembra più così certa che prima o poi l’imprenditore cederà alla sue richieste. Pino tiene duro, non cade. Intanto la sua azienda fallisce, oberata dai debiti. La criminalità è un virus insediatosi anche all’interno delle banche, che non gli concedono credito. Comunica alla sua fidanzata, Marisa, di mestiere odontoiatra, che non ce la fa più. Decide di smettere. Licenzia gli ultimi dipendenti e sposa la sua donna, che gli è accanto da quindici anni.

Nel frattempo, Pino ha già fatto i nomi. Partono le prime denunce. Imprenditori, politici, magistrati. Tutti collusi con la mafia. Nomi importanti, rinomati, finiscono nel registro degli indagati. Molti saranno condannati, per estorsione, concussione, collusione con la malavita, reati di stampo mafioso.
La vita di Pino e Marisa non è più la stessa, sono stranieri in casa propria. Il pericolo è grave. Dal giorno alla notte, sono costretti a scappare.
A mezzanotte ed un minuto di sabato 18 ottobre 1997 Pino e Marisa fuggono dalla propria terra.
Non lavoreranno più. Non vedranno più i loro cari. I loro bambini vedranno la madre di Pino, la loro nonna, per sole tre volte, prima di perderla definitivamente nel gennaio di quest’anno. Non avranno amici, mai più allegre serate in compagnia. Non sarà più vita. È il deserto.
La tenacia di Pino è tale da imporgli di non mancare mai ai suoi appuntamenti con la giustizia, per rendere le proprie testimonianze. Ma i procedimenti giudiziari si riveleranno un inferno. Di ritorno nella sua Calabria, Pino sarà spesso lasciato solo, in stanze d’albergo registrate a nome Masciari, in macchine recanti targhe della sua regione domiciliare, a volte senza scorta. Nelle aule giudiziarie si ritroverà vicino ai suoi stessi aguzzini.
Accanto a lui, sua moglie Marisa non gli farà mai venir meno il suo sostegno, il suo amore. Nei momenti di incertezza, la sua presenza si rivelerà determinante. Il suo “andiamo avanti!” sarà per Pino una marcia in più, come anche i suoi figli.

A Brescia Pino Masciari è stato ospite per due giorni. Il tempo utile a realizzare un incontro con gli studenti ed un altro aperto alla cittadinanza. Entrambi eventi indimenticabili. Il primo, in particolare, per la forza e l’espressività con cui Pino ha coinvolto i giovanissimi, vero perno sul quale fare leva per infondere consapevolezza.

I ragazzi del Meetup di Brescia che in questo periodo hanno vissuto accanto a Pino, hanno oggi l’anima colma di speranza, hanno fatto il pieno di emozioni per una vita intera. Hanno compreso che i loro sforzi non sono vani, che il “tutto è perduto” appartiene a chi cerca una scusa per pensare a sé stesso, venendo meno alla sua reale responsabilità. Hanno capito che ogni pensiero, parola e azione porterà sempre un risultato, anche se piccolo. Sono rinati a nuova luce, con nuovi orizzonti davanti, e una rinnovata percezione della propria esistenza.
Hanno voluto far propria un’esperienza che probabilmente non dimenticheranno mai, fino a quando avranno vita. Più il tempo passava e più accresceva in loro il timore di lasciarlo andare.
Al momento dei saluti, dell’arrivederci, Pino, la sensazione di sgomento non è stata paura, bensì incredulità. È stato scoprire, alla fine, che il senso di protezione da lui proveniente era maggiore di quello che tutti insieme si riusciva ad infondergli.
Una sorta di scherzo del destino, di contrappasso, di scambio di ruoli. O, più concretamente, la meravigliosa grandezza di questo personaggio. Quella grandezza che ci porta oggi ad amare lui, sua moglie e i suoi figli dal profondo dei nostri cuori.

Oggi, e per noi tutti, Pino e la sua famiglia sono eroi. Sono esperienze, scelte di vita da cui trarre insegnamento. Sono valori, i più alti valori che un essere umano potrà mai esprimere. Sono sentimenti, di amore, passione, giustizia, legalità, solidarietà, sincerità. Sono vite che vale la pena vivere in ogni istante, assaporandone il vigore e l’intensità. Sono coraggio, integrità, fermezza. Sono le nuove generazioni, che meritano il nostro incondizionato sacrificio. Pino, Marisa, Ottavia e Francesco sono questo, ed oltre. Sono tutti noi, o come vorremmo e dovremmo essere. Sono speranze, lacrime di felicità e gioia. Sono il nostro futuro, da preservare ad ogni costo, forse anche delle nostre stesse vite.

Ps
Un abbraccio immenso, infinito, va agli Amici di Pino Masciari. Soltanto adesso comprendo il valore e l’importanza della vostra esistenza. E sono oggi fiero di potermi sedere al vostro fianco in questo viaggio straordinario.

Chi è Pino Masciari

Adrian was there

domenica 1 marzo 2009

Gioacchino


Ho da offrire solo questo titolo scarno. Un nome.
Perdonatemi. Non mi va di commentare.
L'intervista di Gioacchino Genchi che Beppe ha pubblicato di recente fa gelare il sangue nelle vene, e temere per la sua vita. Mai mi era capitato di provare tanta rabbia, e paura.
A voi che avete avuto il coraggio di rinunciare ad ideologie sepolte, guardatela e diffondetela in ogni dove.

Adrian was there

Premi dall'estero e premi di casa nostra

L’associazione dei giornalisti tedeschi (DJV) conferisce il premio per la libertà di stampa a Marco Travaglio

I sette membri del consiglio direttivo federale della DJV, l’associazione dei giornalisti tedeschi, quest’anno hanno assegnato il premio per la libertà di stampa al giornalista e autore italiano Marco Travaglio.

Michael Konken, presidente federale della DJV, ha motivato la decisione dichiarando: “Assegnamo il premio a Marco Travaglio, un collega che si è contraddistinto per il coraggio critico e l’impegno dimostrato nel combattere per la libertà di stampa in Italia.”
Travaglio ha saputo denunciare pubblicamente i tentativi dei politici italiani, in particolare di Silvio Berlusconi, di influenzare il lavoro dei media e di ostacolare lo sviluppo di un giornalismo critico. Le critiche di Travaglio si sono orientate anche ai colleghi italiani con lo scopo di incoraggiarli a non sottomettersi alla censura. “Il premio della DJV per la libertà di stampa è il riconoscimento più adatto a Marco Travaglio,” ha dichiarato Konken. “Travaglio deve dare coraggio ai giornalisti italiani affinché possano svolgere la loro funzione di vigilanza e non cadano vittima di intimidazioni”.
Il premio della DJV per la libertà di stampa consiste in 7.500 Euro e sarà conferito a Marco Travaglio a Berlino alle 18:30 del 28 aprile 2009 presso il Palazzo della Bundespressekonferenz (ufficio stampa federale). I rappresentanti dei media sono invitati a partecipare alla cerimonia.
Con questo premio la DJV onora personalità o istituzioni che si impegnano in prima persona in battaglie per il mantenimento e la creazione della libertà di stampa. I precedenti vincitori sono stati il giornalista serbo Miroslav Filipovic, la giornalista russa Olga Kitowa e la redazione del giornale “Berliner Zeitung”. Filipovic ha ricevuto il premio per aver scoperto i crimini di guerra serbi in Kosovo, Kitowa è stata premiata per la sua difficile battaglia contro la corruzione in Russia e la redazione del “Berliner Zeitung” per l’impegno dimostrato nel difendere la libertà di stampa in Germania e l’indipendenza editoriale da Mecom Group, la casa editrice che l’ha rilevata.
24 febbraio 2009
Fonte: http://italiadallestero.info/archives/3612



Avevano criticato l'azienda dopo le dimissioni di Enrico Mentana
Caso Matrix: «inconcepibile» il richiamo di Mediaset a due giornalisti di Mentana
Il sindacato dei giornalisti richiama il diritto di espressione, le leggi e la disciplina del lavoro

ROMA - «Sconcertante», «inconcepibile», «grave caduta delle buone pratiche». La Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi, il sindacato dei giornalisti) si schiera con i colleghi Silvia Brasca e Roberto Pavone per la lettera di richiamo inviata da Mediaset ai due giornalisti di Matrix che avevano criticato la società sul caso Mentana. L'Fnsi chiede il ritiro della contestazione disciplinare. «La Fnsi è vicina ai colleghi, ne rivendica il diritto di espressione salvaguardato dalla Costituzione, dalle leggi e dalla disciplina del lavoro. Il dissenso sulle scelte opinabili non può essere compresso, né oggetto di censura o ritorsioni. A Mediaset la Fnsi chiede il ritiro della lettera di contestazione disciplinare e di voler evitare uno spiacevole, ingiustificato scontro».
DIFESA - Giovedì sera, intervenendo alla trasmissione Annozero su Rai 2, Enrico Mentana aveva difeso i suoi ex colleghi.
27 febbraio 2009
Fonte: http://www.corriere.it/cronache/09_febbraio_27/matrix_fnsi_mentana_84eec2ea-04f5-11de-bb75-00144f02aabc.shtml



Marco Travaglio vince un premio per la libertà di stampa. Ovviamente all'estero, poichè in Italia ci si guarda bene dal premiare chi fa informazione. E, sempre per ovvietà, la notizia è battuta esclusivamente all'estero. Il rischio, infatti, è che i cittadini italiani scoprano una realtà sommersa, che non deve esistere, e arrivino a chiedersi perché un giornalista come Marco Travaglio venga costantemente ricoperto di sterco dalla politica e dai media nazionali, mentre i colleghi tedeschi della DJV (l'associazione dei giornalisti teutonica) gli riconoscono addirittura un premio. E per ragioni impronunciabili, nel nostro Paese. Eresìe che il candore e la verginità dei lettori nostrani non meritano. Quale idiozia, chiedere loro di far fronte all'angusto peso del porsi domande, interrogarsi, riflettere, pensare, constastare un'eventuale errata percezione. Meglio empire le pagine dei giornali con altro, ampliare gli orizzonti, rivolgerci agli "scandali" di casa nostra, spiegare perchè in inverno nevica e d'estate fa caldo, produrre pallide elucubrazioni per giustificare l'assenza di un terzo della popolazione sarda alle urne, concentrarsi a sprazzi su "emergenze" che perdurano da anni, rispolverare antichi eroi della democrazia, da Bettino Craxi a Marcello Dell'Utri, a Vittorio Mangano, a Licio Gelli e chissà quali altre prelibatezze.
Eppure non tutto sembra essere perduto. La libertà d'espressione pare sia un concetto ancora in voga, in Italia. A farsene portatrice è nientepopodimenoche la FNSI, La Federazione Nazionale della Stampa Italiana, il sindacato dei giornalisti. A seguito della cacciata di Enrico Mentana - fresco scopritore dell'impraticabilità del terreno-Mediaset per chi vuol fare informazione -, l'azienda del Premier Silvio Berlusconi ha pensato bene di notificare alcune contestazioni disciplinari ai due giornalisti che avevano osato criticare la scelta di spodestare Mentana.
«Sconcertante», «inconcepibile», «grave caduta delle buone pratiche», le espressioni impiegate dalla FNSI per dipingere il diktat aziendale. Le stesse che altri avrebbero voluto utilizzare per commetare il riconoscimento conferito a Marco Travaglio. Poi qualcuno ha fatto notare loro che di incidenti diplomatici il Premier ce ne ha già fatto dono in abbondanza. Meglio, quindi, cercare una via alternativa per placare gli animi. Si potrebbe emulare i colleghi tedeschi, magari con un trofeo da dedicare ad Emilio Fede. I meriti, c'è tempo per inventarseli.

Adrian was there

lunedì 9 febbraio 2009

Addìo, Eluana

Da poche ore è morta Eluana Englaro, ragazza ridotta in stato vegetativo da 17 anni.
La sua storia mi ha insegnato le perversioni che spesso nasconde la natura umana.

Solidarietà a Beppino Englaro, e al suo dramma di padre, del quale nessuno potrà mai immaginare l'entità. Solidarietà al rispetto che gli è mancato dall'Istituzione in cui crede e da coloro che con presunzione hanno ritenuto lecito sostituirsi al suo dolore. Solidarietà alla libertà di scelta, quella di una ragazza che ha visto compiere le sue volontà dopo 17 anni di attesa. Solidarietà a quanti vivranno la medesima esperienza, tuttavia privati della libertà di scegliere se andarsene o restare, perchè a breve negata. Solidarietà alla natura, che si è presa una vita sottrattale dall'uomo per ben 17 anni. Solidarietà al Popolo Italiano, che ha visto uno dei suoi più importanti valori stuprato da un Imprenditore in età pensionabile e in potenza di subire il fascino della demenza senile. Solidarietà alla Costituzione Italiana, che a differenza dell'Imprenditore ha ancora tanto da insegnarci. Solidarietà al pubblico televisivo, che sarà costretto a reti unificate a subire l'incontenibile disprezzo di Bruno Vespa e dei suoi simili per i presunti "assassini". Solidarietà alla riforma del processo penale, prodotta a beneficio dell'Imprenditore e passata sotto silenzio nella tempesta Englaro. Solidarietà ai cittadini italiani, che a mezzo stampa saranno spinti a dividersi ulteriormente, fra coloro che santificano l'Imprenditore e i suoi seguaci, e coloro che ne sono nauseati, amplificando la disputa nei termini degli Unti del Signore contro gli Assassini. Solidarietà a quanti, nel mezzo, attendono che la ragione dell'uomo si risvegli. Solidarietà a me stesso, che con pazienza attendo.
Addìo Eluana. Ovunque tu sia, spero tu non senta le urla di chi si spartirà la tua memoria.

Adrian was there

venerdì 6 febbraio 2009

L'inutile rimorso dei complici

Michele Serra, sulle pagine di Repubblica, riporta un commento d'altri tempi. Affranto, sconfortato, incredulità mista a sdegno. Piena condivisione.



L'amaca
di Michele Serra - Repubblica del 6 febbraio 2009
Chissà se ci sono "difensori della vita" anche tra i parlamentari di maggioranza che hanno votato in favore dell'obbligo, per medici e infermieri degli ospedali, di denunciare i clandestini. Una legge schifosa e fascista (scusate, non riesco a trovare le sfumature) che trasforma un luogo di soccorso e di cura in luogo di discriminazione. Dove si entra ammalati o feriti, e si esce denunciati. Chissà se hanno pensato, i cattoliconi della maggioranza, alle ragazze clandestine incinte, in regola con la biologia ma non con la burocrazia, che preferiranno partorire in casa, o in qualunque riparo occasionale, pur di non rischiare la denuncia.
Non ce l'ho con i leghisti, loro fanno il loro mestiere, che è quello del repulisti, della mano pesante, della paura al potere. Ce l'ho con i sedicenti moderati e liberali che li affiancano, che votano oscenità come questa turandosi il naso, al solo scopo di tenere in piedi una maggioranza che senza la Lega sarebbe debole e incerta tanto quanto l'opposizione. Se mai un giorno, a questi signori perbene, verrà voglia di dire che hanno sbagliato a votare leggi come queste, per favore non lo facciano. Ci risparmino lo spettacolo irritante del loro inutile rimorso.

giovedì 5 febbraio 2009

DDL "Sicurezza": uno schianto al cuore

Oggi è passato in Senato il DDL sulla Sicurezza.
Ho esaurito i termini per definire ciò che stiamo diventando.
Ronde padane non armate di cittadini. Medici chiamati a denunciare i malati clandestini. Senzatetto registrati, permesso di soggiorno a punti, con tanto di tassa. Una tassa sulla vita per chi ha il permesso, e la scelta di rischiarla per paura di essere denunciato per chi il permesso non ce l'ha.
Io ho paura di guardare dove stiamo andando. Non voglio guardare. Sentirei il rumore di passi in anfibi, schioccare di fruste, battiti di manganello.
In questo momento sto provando un senso di vergogna mai, mai così profondo. Vergogna, perchè il mondo da oggi avrà una ragione in più per evitarci, per guardarci con disprezzo.
"Sono italiano" è un'espressione che oggi mi suggerisce tristezza. Non credevo che un giorno sarei arrivato a pensarlo.
Nel mio Paese non esiste la libertà di scelta. Nemmeno quella di vivere o morire.
La Chiesa sostiene che Dio abbia questo potere, ma credo che oggi il Parlamento riuscirebbe a strapparglielo con un emendamento.
Nel mio Paese i magistrati vengono considerati alla stregua di virus da debellare. E i giornalisti vengono licenziati perchè fanno il loro lavoro, informare.
Non ho più dita per contare le tonnellate di sterco che ci stanno gettando addosso. Non ho più sensibilità per odorare il puzzo, il lezzo, il fetore di scelte che mai dovrebbero appartenerci.
Oggi, come ieri, è triste, domani lo sarà ancora di più.
Questo è il Paese che non voglio. Ma questo è il Paese in cui vivo, e per il quale è mio dovere lottare fino allo stremo per difendere il mio futuro e quello delle generazioni che verranno, prima di cedere le armi.

Adrian was there



Da Emergency.it
Gino Strada: "L'emendamento anti immigrati: una norma stolta prima ancora che perversa"
A oggi, in Italia, una legge vieta al personale sanitario di denunciare gli immigrati conosciuti per ragioni di cura, anche se la loro presenza in Italia non fosse regolare.

Un emendamento approvato al Senato intende sopprimere questa norma. Si metterebbero così gli individui nella condizione di scegliere fra l'accesso alle cure e il rischio di una denuncia; si spingerebbe parte della popolazione presente in Italia nella clandestinità sanitaria, con grandi rischi per sè e per la collettività. Si vuole affidare ai singoli medici la scelta se garantire lo stesso diritto alla cura a tutti gli individui, nel miglior interesse del paziente e nel rispetto del segreto professionale, oppure se esercitare la facoltà di denunciare i loro pazienti "irregolari". Secondo tutti i medici che ho conosciuto e apprezzato, l'unico modo giusto e civile per fare medicina è garantire a tutti la miglior assistenza possibile, senza distinzione alcuna riguardo a colore della pelle, sesso, convinzioni politiche, religiose o culturali, nazionalità o status giuridico. Questo è il modo in cui Emergency ha lavorato, per quindici anni in tredici diversi paesi, curando tre milioni di persone senza distinzioni. Questo è il modo con cui continuiamo a lavorare, anche in Italia, nel Poliambulatorio per migranti e persone indigenti di Palermo. Anche di fronte all'inciviltà sollecitata da una norma stolta prima ancora che perversa, sono certo che i medici italiani agiranno nel rispetto del giuramento di Ippocrate, nel rispetto della Costituzione e della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Nel rispetto, soprattutto, di chiunque si rivolga a loro avendo bisogno di un medico.
Gino Strada, Milano